Ausili, Tutori e Calzature Ortopediche: la Riforma LEA 2025 tra Diritti e Disuguaglianze

La recente entrata in vigore del nuovo nomenclatore tariffario per gli ausili ortopedici, collegato al DPCM 12 gennaio 2017 e attuato con il Decreto Tariffe a fine 2024, ha segnato un cambiamento profondo nella fornitura di dispositivi medici tramite il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Tuttavia, come denunciato dalla Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (FISH), la riforma ha generato disagi concreti e disuguaglianze territoriali, mettendo a rischio il diritto all’autonomia di migliaia di persone con disabilità.
Cosa cambia con il nuovo sistema LEA 2025
Il nuovo assetto normativo ha revocato il DM 332/1999, eliminando la possibilità di fornire scarpe ortopediche predisposte e tutori “di serie” tramite il SSN. Ora, solo i dispositivi su misura sono inclusi nell’Elenco 1, mentre gli Elenchi 2A e 2B riguardano dispositivi predisposti, ma con criteri più restrittivi.
Questo ha portato a una situazione paradossale: molti pazienti che prima potevano accedere a dispositivi standard adeguati, oggi sono costretti a ricorrere a soluzioni su misura, con tempi di attesa più lunghi e costi maggiori, spesso non giustificati dal punto di vista clinico.
Scarpe ortopediche: tra necessità e rigidità normativa
Le calzature ortopediche predisposte, che in passato rappresentavano una soluzione efficace per molte persone (come chi utilizza tutori ma non presenta deformità gravi), non sono più rimborsabili nella maggior parte delle regioni. Solo alcune eccezioni locali, come l’Umbria o la provincia di Trento, mantengono questa possibilità. Le scarpe su misura, ora unica opzione rimborsabile, sono classificate nel codice 06.33 dell’Elenco 1, ma la loro prescrizione è vincolata alla “stretta necessità”. Questo esclude, ad esempio, molti pazienti diabetici che avrebbero bisogno di calzature preventive per evitare ulcere, ma non rientrano nei criteri attuali, anche i pazienti con Charcot-Marie-Tooth, che hanno bisogno di scarpe più ampie e facili da indossare per poter accogliere i tutori.
Tutori: il caso dei modelli in fibra di carbonio
Anche per i tutori gamba-piede, la situazione è complessa. Alcuni modelli, come ad esempio i WalkOn di Ottobock, possono essere modellati sul paziente e quindi passare come “su misura”. Altri, come ad esempio i Toe Off di Allard, più rigidi e non modificabili, sono considerati “di serie” e quindi non rimborsabili, anche se clinicamente appropriati. I tutori in carbonio sono ormai tra i più utilizzati dai pazienti con CMT e, senza un tutore adeguato, l’autonomia negli spostamenti è fortemente limitata. Inoltre, ogni persona con CMT è un caso a se e non è banale sostituire un determinato tutore con cui ci si trova bene con un altro che, possibilmente, non ha le caratteristiche funzionali richieste per quel determinato paziente.
Costi e disuguaglianze tra fornitori
Il SSN stabilisce un prezzo standard per le calzature su misura, ma i costi effettivi possono variare. Alcuni centri che operano su scala nazionale, riescono a rispettare il prezziario senza chiedere integrazioni. Altre officine ortopediche più piccoli, invece, spesso devono applicare supplementi a carico del paziente, anche di 50-100 euro, per coprire costi di produzione più alti.
Estetica e personalizzazione: un lusso per pochi
Le richieste di modifiche estetiche sono considerate extra e non coperte dal SSN. Anche se tecnicamente realizzabili, comportano costi aggiuntivi, rendendo la personalizzazione un privilegio per chi può permetterselo.
FISH: “Serve un intervento strutturale immediato”
FISH ha denunciato con forza che le rassicurazioni istituzionali non bastano. Il problema non è nella norma, ma nella sua applicazione concreta, che oggi risulta frammentata, ambigua e inadeguata. Serve una regia nazionale forte, capace di garantire uniformità, chiarezza e rispetto dei diritti su tutto il territorio.
Conclusione
La riforma del nomenclatore, pur nata con l’intento di aggiornare e razionalizzare il sistema, rischia di compromettere l’accesso equo agli ausili essenziali. ACMT-Rete si unisce all’appello di FISH: non bastano le parole, servono azioni concrete per garantire che i diritti delle persone con disabilità non restino solo sulla carta.