Terapia Genica per la CMT1A: Un ulteriore passo verso la sperimentazione sull’uomo

La ricerca sulla malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT) non si ferma. Un recente studio scientifico, pubblicato sulla rivista Molecular Therapy e guidato dal team del ricercatore francese Nicolas Tricaud, ha segnato un punto importante a favore della futura applicabilità della terapia genica sui pazienti.
Sappiamo che nei laboratori la terapia genica ha già dato ottimi risultati sui topi, ma il passaggio all’essere umano ha sempre presentato un grosso ostacolo: come somministrare la cura senza danneggiare i nervi?
Questo nuovo studio risponde proprio a questa domanda, testando una tecnica di iniezione sicura ed efficace su primati non umani (scimmie), che hanno un’anatomia dei nervi molto simile alla nostra.
Ecco i punti chiave della scoperta spiegati in modo semplice.
Il problema: perché non bastava ciò che funzionava sui topi?
Fino ad oggi, i successi ottenuti sui roditori prevedevano iniezioni fatte direttamente dentro il nervo (intraneurali) con aghi sottilissimi. Tuttavia, i nervi umani sono molto diversi: sono più grandi e complessi, formati da tanti “fasci” di fibre raggruppati insieme. Pungere un nervo umano con un ago per iniettare il farmaco comporta un alto rischio di lesioni.
Inoltre, secondo gli autori iniettare la terapia in tutto il corpo (via sistemica) spesso non è abbastanza efficace perché il farmaco fatica a raggiungere i nervi periferici in quantità sufficiente e può essere tossico per altri organi come il fegato.
La soluzione: l’iniezione “Perineurale”
I ricercatori hanno testato un approccio diverso: invece di pungere il nervo, hanno iniettato la terapia genica nello spazio attorno al nervo (chiamato spazio perineurale). È la stessa tecnica che gli anestesisti usano quotidianamente per fare le anestesie locali. Utilizzando ultrasuoni e strumenti di precisione, si deposita il liquido attorno alla guaina del nervo senza toccare le fibre interne.
I risultati dello studio
Lo studio ha utilizzato un “veicolo” (un virus innocuo chiamato AAV2/9) per trasportare una molecola capace di abbassare i livelli della proteina PMP22, la cui sovrapproduzione è la causa della CMT1A.
Ecco cosa è emerso dopo un mese dal trattamento:
- Sicurezza totale: Le iniezioni non hanno causato danni. Le scimmie hanno mantenuto intatta la loro destrezza manuale (riuscivano a prendere piccoli oggetti con le dita senza problemi) e la velocità di conduzione nervosa è rimasta normale.
- Il farmaco arriva a destinazione: Anche se iniettato attorno al nervo, il vettore virale è riuscito ad attraversare le barriere esterne e a penetrare all’interno, raggiungendo fino al 90% delle cellule di Schwann (le cellule che producono la mielina).
- Efficacia terapeutica: La terapia ha ridotto i livelli della proteina tossica PMP22 fino al 40%. Questo è un risultato molto promettente, considerato che la PMP22 è una proteina difficile da eliminare.
- Bassa reazione immunitaria: A differenza delle iniezioni in tutto il corpo, questa tecnica locale ha scatenato una risposta immunitaria molto contenuta, rendendola più sicura per l’organismo.
Il Contraltare Scientifico: La prospettiva di Kleopas Kleopa
Mentre l’approccio dell’iniezione perineurale punta tutto sulla sicurezza locale, è doveroso confrontarlo con la visione di altri leader del settore, in particolare il Prof. Kleopas Kleopa (Cyprus Institute of Neurology & Genetics), che sta sviluppando strategie parallele ma concettualmente diverse. Nei suoi lavori più recenti, Kleopa evidenzia un “bias” o limite intrinseco delle terapie locali: la CMT1A è una malattia generalizzata che colpisce i nervi di tutto il corpo. Curare solo il nervo sciatico o quello del braccio potrebbe non bastare a migliorare la qualità di vita complessiva del paziente.
Ecco i punti critici sollevati dalle sue ricerche che fanno da contrappeso allo studio francese:
- Globale vs Locale (Intratecale vs Perineurale): Il team di Kleopa privilegia la somministrazione intratecale (una puntura lombare) utilizzando vettori AAV9 (invece di AAV2/9). Questa via permette al farmaco di diffondersi dal fluido spinale a tutti i nervi periferici e alle radici spinali contemporaneamente. Sebbene più rischiosa per la possibile tossicità sistemica, questa strategia mira a una cura completa, mentre l’iniezione perineurale descritta sopra richiederebbe iniezioni multiple in ogni singolo nervo del corpo, ponendo un problema di “scalabilità” clinica.
- Il Rischio dell'”Over-Silencing” (Silenziamento Eccessivo): Un rischio cruciale sottolineato da Kleopa è il dosaggio. L’obiettivo è abbassare la proteina PMP22, ma se la si abbassa troppo, si causa una malattia diversa: la HNPP (neuropatia ereditaria con predisposizione alle paralisi da pressione). Recenti studi su primati condotti con nanoparticelle hanno mostrato che un dosaggio elevato può indurre una condizione simile alla HNPP. Questo suggerisce che l’approccio locale, che inonda il nervo di vettori per massimizzare l’efficacia, deve essere calibrato con estrema precisione per non passare da una malattia (CMT1A) all’altra (HNPP).
- Specificità Cellulare: Per mitigare i rischi, Kleopa utilizza “promotori” specifici (come il promotore della mielina MPZ) che accendono la terapia solo nelle cellule di Schwann, evitando che il farmaco agisca su altri tessuti. Lo studio francese sull’iniezione perineurale, invece, si affida al contenimento fisico dell’iniezione per limitare la diffusione, una strategia più semplice ma potenzialmente meno precisa a livello molecolare.
In sintesi: Siamo di fronte a due filosofie terapeutiche. Da un lato la prudenza chirurgica (iniezione perineurale) che offre massima sicurezza ma tratta zone limitate; dall’altro l’ambizione sistemica (iniezione intratecale di Kleopa) che mira a curare tutto il corpo ma deve ancora risolvere le sfide della tossicità e del dosaggio perfetto. Probabilmente, la soluzione clinica futura attingerà da entrambe le esperienze, e sono in corso studi per valutare l’uso di nanoparticelle non virali che potrebbero migliorare ulteriormente il profilo di sicurezza di questi trattamenti.
Cosa significa per i pazienti?
Questo studio è fondamentale perché “traduce” una cura che funzionava sui topi in un metodo applicabile all’uomo. Dimostra che esiste una via sicura per somministrare la terapia genica ai nervi di braccia e gambe senza rischi chirurgici elevati.
Poiché la tecnica di iniezione perineurale è già uno standard medico utilizzato negli ospedali per l’anestesia, la strada verso future sperimentazioni cliniche sui pazienti con CMT1A appare ora meno ripida. Sebbene servano ancora ulteriori verifiche, questo è un passo avanti concreto verso una terapia in grado di cambiare la vita di chi convive con la Charcot-Marie-Tooth.
Fonte: Espallergues et al., “Perineural delivery of AAV2/9 in non-human primates is a safe and efficient route for gene therapy in Charcot-Marie-Tooth diseases”, Molecular Therapy: Methods & Clinical Development (2025).